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Quando c'è abuso?

  • Immagine del redattore: Blogger
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  • 12 nov 2018
  • Tempo di lettura: 3 min

ll "Me,Too" come cambiamento delle culture e delle coscienze.


Quando è che una donna subisce un abuso? Perché non siamo sempre solidali con una vittima di violenza? Trovare un’attenuante o peggio una giustificazione ad un atto di violenza significa allontanare il problema da sé, pensare che esiste un modo per evitarlo, neutralizzare il male ed il terrore che ne deriva. Se da un punto di vista psicologico è un’operazione che potrebbe anche servire per superare il turbamento e pensare che a noi non succederà mai, si produce comunque l’enorme danno sociale e culturale di attivare un alibi per chi molesta, stupra, infastidisce, umilia. E così lo stereotipo si diffonde e si rafforza. Lo abbiamo visto per le americane a Firenze, lo stiamo vedendo per la 21enne di Parma stuprata dall’imprenditore Pesci. Ecco, invece, bisognerebbe insegnare a tutti, sin da piccoli, che un qualunque atto che si impone ad una donna (da una carezza ad un apprezzamento, fino ad arrivare ad un atto sessuale), è comunque un abuso ed un reato. Lo è anche se la donna era ubriaca, se è una prostituta, se “va con tutti”, se è la moglie o la fidanzata, se aveva la minigonna o camminava nuda in strada. Lo è anche se il rapporto sessuale era cominciato in maniera consenziente ma ad un certo punto la donna ha deciso di non volerlo proseguire.


... un qualunque atto che si impone ad una donna (da una carezza ad un apprezzamento, fino ad arrivare ad un atto sessuale), è comunque un abuso ed un reato. Lo è anche se la donna era ubriaca, se è una prostituta, se “va con tutti”, se è la moglie o la fidanzata, se aveva la minigonna o camminava nuda in strada. ...

E il consenso della donna va carpito in maniera consapevole, sicuri che la donna lo conceda liberamente, anche se si tratta di scegliere tra carriera o autodeterminazione. Quando poi la vittima é anche ricca, famosa o è personaggio pubblico, la critica sessista diventa ancora più feroce perché all'esigenza di neutralizzare il pericolo si unisce l'invidia sociale. Il coraggio di comunicare/denunciare anche dopo anni una violenza é rivelatore di un percorso di consapevolezza ed accettazione che va rispettato e non giudicato. Il riconoscimento della violenza di genere sulla propria persona é un atto di sovvertimento anche culturale che una donna compie, incoraggiato dalle leggi e dall'evoluzione di una coscienza sociale che le leggi esprimono, promuovono, tutelano. Invece di colpevolizzare le donne ubriache, troie e con le minigonne, metabolizziamo l’idea che esista una società che viola le donne; teniamo dentro di noi l’idea che un uomo possa stuprare o violare e agiamo per combattere questo fenomeno che si chiama sessismo. di Giulia Masi

Avv. G.Masi GiuridicaMenteLibera Assistenza e Prevenzione contro la violenza alle donne • Sito www.giuridicamentelibera.it • Linea antiviolenza 0621119202 (sempre attiva 24/24)

La violenza contro le donne indica “qualsiasi atto di violenza di genere che comporta, o è probabile che comporti, una sofferenza fisica, sessuale o psicologica o una qualsiasi forma di sofferenza alla donna, comprese le minacce di tali violenze, forme di coercizione o forme arbitrarie di privazione della libertà, sia che si verifichino nel contesto della vita privata che di quella pubblica”. Conferenza mondiale delle Nazioni Unite di Vienna, 1993

L'espressione ''MeToo'' è stata utilizzata per la prima volta da Tarana Burke attivista Afro-Americana per i diritti civili e fondatrice del ''Movimento Me Too'' nel 2006. La frase è stata successivamente resa popolare sui Social da Alyssa Milano, attrice, cantante e stilista Italo-Americana, che per prima ha incoraggiato le donne ad usarla come #hashtag su Twitter per "dare alle persone un'idea della grandezza del problema" relativo alla diffusa prevalenza di violenza sessuale e molestie sulle donne sopratutto in ambito lavorativo.

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