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Lasciatevi stregare dalla musica [Seconda parte]

Aggiornamento: 7 mar 2019

Continuiamo la nostra chiacchierata con Suit Kei, DJ e producer romana che da anni vive e lavora a Berlino

Suit Kei
Suit Kei

Prima parte dell'intervista [QUI]

5) Nel 2010 hai fondato ‘Witches Are Back’, collettivo d’arte tutto al femminile. Da dove nasce la necessità di collaborare con altre donne e quali sono i vostri obiettivi?

Sentivo principalmente l’esigenza di creare maggiori spazi riservati alle donne nella musica e nell’arte, perché avevo in prima persona sofferto moltissimo il sessismo dominante nell’ambiente musicale, quel sessismo di cui non riusciamo ancora a liberarci perché gli permettiamo, a volte inconsapevolmente, di far parte della nostra cultura e della nostra società. In quegli anni eravamo ancora in poche a fare elettronica, e meno ancora ad avere “diritto” ad occupare degli spazi nella scena. Al contempo, volevo dare una risposta underground a certi primi progetti di eventi e crew femminili nati da poco, alcuni per i miei gusti un po' “fighetti”, che proponevano a volte line up poco curate, e contenuti non dichiaratamente schierati e motivanti. Per contenuti “schierati”, intendo schierati socialmente. Mi è sempre piaciuto poter scegliere da che parte stare e difendere a gran voce la mia scelta, a costo di essere impopolare. Non mi è mai piaciuto troppo chi ama sguazzare in circostanze ambigue seguendo la propria convenienza. Ho deciso quindi di stare dalla parte delle donne, ne avevo un gran bisogno per combattere la mia frustrazione, maturata in anni di confronti poco edificanti con i comportamenti prevaricanti di molti uomini nell’ambiente della musica. Fin dai primi eventi abbiamo avuto una grande risposta di pubblico. A significare che no, non ci sbagliavamo! L’obiettivo era potenziare la qualità e la quantità della presenza femminile nella nostra scena.

Il femminismo, è purtroppo qualcosa di cui abbiamo ancora molto bisogno, e ne avremo finché in ogni angolo del mondo non saremo giunte ad una completa parità di diritti tra rappresentanti di qualsiasi espressione di genere sessuale esistente

A seguito del mio trasferimento a Berlino, ho prodotto anche lì, in punta di piedi, i primi piccoli e riuscitissimi eventi. Da quel momento in poi ho iniziato a incontrare donne provenienti da ogni parte del mondo che si sono unite alle streghe abbracciando i nostri concepts, e Witches Are Back è diventato qualcosa di più grosso, un collettivo indipendente di artiste internazionali praticanti le più svariate discipline (come arti digitali, performance, teatro, pittura, scultura, grafica, fotografia, e ovviamente musica), che producono eventi in varie città europee. Allargando ogni volta sempre più il nostro network, che si sta letteralmente espandendo a macchia d’olio. E la nostra scena è diventata la scena europea.


Aver creato tutta questa sinergia tra donne è qualcosa che mi riempie di orgoglio e a volte mi commuove, come quando nello scorso febbraio il Forte Prenestino di Roma ci ha dato la possibilità di utilizzare i suoi meravigliosi spazi, e noi li abbiamo riempiti con le meraviglie di circa 80 artiste e più di 3000 partecipanti all’evento. Quell'esperienza è stata molto importante per noi e ci ha incredibilmente fortificato. Il prossimo step sarà viaggiare verso l’Est Europa, dove di noi c’è molto bisogno. Ad esempio per un evento a Praga abbiamo ricevuto tantissime richieste di artiste esaltate dal progetto, e che ci ribadivano quanto fosse importante per loro l’esistenza di questo spazio di libera espressione. Alcune ci seguivano già da tempo e aspettavano il nostro arrivo nella loro città. Abbiamo avuto artiste provenienti non solo dalla Repubblica Ceca, Polonia, Francia, Italia, Spagna, Portogallo e Germania, ma anche dalla Turchia, Ungheria, Russia, e persino Kazakhistan! Il livello qualitativo è altissimo, le proposte performative hanno contenuti molto spessi.

Ogni volta non vedo l’ora di ripartire con le streghe per una nuova avventura. Come dice il noto slogan di fine anni sessanta da cui è nato il nostro nome “Tremate, le streghe son tornate!”

6) Dal 2014 vivi e lavori a Berlino. Quali differenze hai riscontrato tra queste due città nell’approccio alla musica?

Tra Roma e Berlino ci sono molte abissali differenze, ma anche alcune inequivocabili similitudini. La prima differenza, la più importante, è che in Germania l’arte viene considerata un lavoro. E come tale deve essere pagato. Anche se i cachet medi qui a Berlino sono tra i più bassi d’Europa, pagare un artista è considerato una cosa seria, e la maggior parte dei locali richiedono l’emissione di una regolare fattura. Cosa che è molto, molto lontana dall’odierna concezione della prestazione artistica/creativa nel nostro paese. Un’ altra delle differenze è che il pubblico berlinese (che non è un pubblico solamente tedesco, ma internazionale) è un pubblico molto attento e ricettivo, con il quale si può rischiare, ci si può permettere di osare, e di viaggiare verso sonorità sempre nuove. Cosa che purtroppo è sempre più difficile fare a Roma, città ormai finita in una paludosa situazione di stallo creativo. Altra differenza, a questo ultimo tema collegata, è che qui a Berlino ci sono molti più spazi per le attività culturali. A Roma le lobby dello showbiz e il “cartello” dei localari con appoggi politici stanno lentamente cercando di distruggere tutto. Vi vogliono sempre più ignoranti e sempre più “clienti”, non più fruitori partecipi. Ma Roma non è sempre stata così. Una delle similitudini, in questo senso, è che molte dinamiche berlinesi in campo musicale, in particolar modo quello underground, mi ricordano un po' la Roma degli anni ‘90 e i primi del 2000. Sede di storiche avanguardie musicali, piena di occupazioni, di locali semi-illegali, di posti privi di autorizzazioni, che però permettevano alle scene e alle novità di svilupparsi. Vedendo come sia, già da prima del mio arrivo, cambiata la scena berlinese, e di come la così tanto odiata gentrificazione si stia appropriando di molti spazi culturali, spero di non dover assistere alla ri-esecuzione di un cliché, dove il capitalismo distrugge tutto in nome del denaro.


7) Spesso le donne hanno difficoltà nell’inserimento nel mondo del lavoro. Tu ne hai riscontrate o il fatto di essere donna, nel tuo caso, può considerarsi un valore aggiunto? Essere donna in senso professionale è considerato spesso un valore aggiunto solo in relazione alla mercificazione del corpo femminile. Spesso è considerato, inconsciamente o consciamente, addirittura un handicap. Questo dipende però dal campo in cui si lavora. Nel mondo della musica, che è già di per sé molto competitivo, e in cui bisogna confrontarsi con persone dall’ego smisurato, essere donna ha rappresentato spesso per me una maggiore difficoltà nell’essere rispettata. Da donna bisogna fare molta più fatica per essere considerata alla stregua dei propri colleghi uomini. Al contempo, molte donne oggi approcciano il mondo della musica elettronica in modo “fisico”, mettendo la propria apparenza prima delle proprie capacità, agevolate ovviamente dalla tecnologia, di cui ho già abbondantemente parlato. Saranno sempre loro le prime sessiste responsabili del lento progredire o regredire delle coscienze umane relativamente al problema della rispettabilità delle figure professionali in base al loro sesso. Ma sono fiduciosa, e tramite il lavoro di tutti e tutte, un giorno questo cambierà.

8) Secondo noi di WomaApp esiste una ‘’scuola femminile’’ di musica elettronica ancora troppo spesso ignorata dal grande pubblico. Vuoi indicarci donne pioniere dell’elettronica? Più che di “scuola femminile” e della sua storia, penso dovremmo parlare di come è successo che nella metà del 900 le donne che si affacciavano all’allora nuovo mondo dell’elettronica, sperimentando e scoprendo molte tecniche, erano considerate non solo compositrici, ma anche studiose di fenomeni relativi alla produzione di suoni, mentre invece, mezzo secolo dopo, l’industria musicale si ritrova dominata da figure di sesso maschile, che hanno tutta l’intenzione di mantenere questa posizione dominante a costo di mettere in pratica comportamenti scorretti e prevaricanti. Questo è purtroppo un problema più ampio della sola musica elettronica, e coinvolge la nostra cultura e la nostra società. Il fondamentale contributo dato da alcune donne al progresso della musica aveva subito quasi una vera e propria damnatio memoriae, per essere poi riscoperto solo di recente. Tra le maggiori studiose della nuova musica elettronica, mi piace ricordare l’italiana Teresa Rampazzi e il suo NPS (che sta per Nuove Proposte Sonore), gruppo di ricerca e sperimentazione fondato negli anni ‘60. La Rampazzi ha prodotto anche diverse colonne sonore e influenzato la ricerca del Conservatorio di Padova dove creò uno spazio interdisciplinare in collaborazione con la Facoltà di ingegneria dell’Università (di Padova), nel quale gli studenti potevano esercitarsi con gli allora nuovi strumenti elettronici.

9) Cosa senti di voler suggerire ad una giovane donna che voglia approcciare il mondo del DJing e della produzione musicale?

Fallo se ti svegli la mattina con la voglia di musica, fallo se sei ossessionata dal mettere in pratica le tue idee e le tue visioni musicali, fallo se sei disposta a sacrificare buona parte del tuo tempo a imparare le molte nozioni, tecniche e abilità manuali di cui necessiterai per affacciarti al mondo dei professionisti. Se cerchi solo un modo per ottenere successo sui social network e appagare il tuo moderno bisogno di consenso ed esposizione, non farlo.

Non farlo se capisci che in realtà la cosa che ti attrae di più di questo lavoro è la celebrità. La celebrità è bastarda, può andare e venire, ti provocherà molti dolori e molti ostacoli da superare. Inseguire la celebrità è il modo più vuoto e terribile di fare musica. La musica è arte e abilità.

Inizia a studiare uno strumento, a interessarti di come funziona il percorso del segnale audio, a leggere qualcosa su come si sintetizza il suono. Compra magari una piccola Drum Machine, anche la più 'stupida' ed economica. Inizia ad avvicinarti ad un software di produzione musicale. 'Smanetta' tutto e vedi come funziona. Magari iscriviti a un qualche corso, anche se da autodidatti si può fare moltissimo con la vera passione. Preparati ad ore ed ore di training sul mixer, e spero, sui piatti. Il vinile è la forma più nobile e rispettabile di esecuzione di un DJ set. Dopo che avrai speso tutti i tuoi soldi e il tuo tempo per fare questo, avrai bisogno di anni di allenamento per farlo davvero bene. I soldi continuerai a spenderli perché l’equipment non basta mai. Il tempo continuerai ad usarlo perché la musica te ne richiederà sempre di più. Proveranno a buttarti giù in mille modi, non arrenderti mai. A quel punto, se sei ancora ossessionata da tutto ciò, questo è il mondo che fa per te!

Grazie alla bellissima chiacchierata con Suit Kei abbiamo ri-scoperto che la Musica è Donna e le DJ’s sono le sue ancelle, portatrici di valori e tradizioni in grado di trasformare gli animi in quei grandi riti collettivi che oggi avvengono nei club e nei festival di tutto il mondo, così come un tempo avevano luogo nei boschi durante la notte (delle streghe), al ritmo di canti purificatori e balli sfrenati intorno al fuoco sacro.

A presto Ale!


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