Capricci: istruzioni per l'uso
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- 30 gen 2019
- Tempo di lettura: 4 min
Aggiornamento: 18 mar 2019
Come deve comportarsi un genitore? Ignorare le richieste del piccolo oppure accoglierle e se si come? I consigli pratici della nostra psicologa dott.ssa Satalino.

Qualche giorno fa una mamma molto preoccupata, mi ha chiesto come fare a gestire i capricci del proprio bambino di 18 mesi ed ha aggiunto: “Ho letto che la cosa migliore è ignorarlo quando piange.''. È vero, molte teorie di stampo cognitivo-comportamentale danno questo suggerimento, ed in effetti seguendo questo metodo, dopo un iniziale aumento della richiesta da parte del bambino, si arriva in una seconda fase, all’estinzione del comportamento problematico. Ma facciamo un passo indietro, anzi andiamo a vedere cosa accade se un genitore attua questa strategia per gestire le richieste del proprio bambino. decidendo o di ignorare le richieste o reagendo in modo seccato e distante dal punto di vista emotivo.
Ebbene questo tipo di atteggiamento genitoriale di sicuro raggiungerà gli obiettivi sperati, ma a quale prezzo? Con il passare del tempo nel bambino si formerà una rappresentazione di sé come di qualcuno che è costretto a fare da solo, che deve per forza negare e negare a se stesso i propri bisogni affettivi e i propri dolori. Imparerà che se vuole avere il genitore, o chi ne fa le veci, vicino, dovrà fare “il bravo bambino” e che solo così potrà essere accettato dagli altri. Eviterà il contatto, perché sa che una vicinanza eccessiva sarebbe interpretata dalla mamma, o dal papà, come una forma di debolezza che, quindi, lo metterebbe a rischio di essere rifiutato. Il bambino imparerà così a mantenere una distanza ottimale, né troppo vicino, né troppo lontano. Questo atteggiamento del piccolo avrà come obiettivo quello di tranquillizzare la mamma o il papà, rinunciando a chiedere aiuto. Il bambino si concentrerà sempre di più sulle cose da fare, dai giocattoli all’essere bravo a scuola e infine da grande sul lavoro. Il risultato? L’organizzazione di un falso sé. Crescendo il bambino costruirà un’immagine di sé grandiosa, di una persona in grado di fare a meno degli altri perché percepiti come ostili, insensibili (proprio come lo è stata la figura di accudimento). Tuttavia c’è un altro conto da pagare per i bambini che sviluppano un attaccamento ansio/evitante, ed è a livello fisiologico. Infatti numerose ricerche hanno dimostrato che lo stato di stress che questi bambini vivono nella continua ricerca di cavarsela da soli aumenta i livelli di cortisolo, detto anche l'ormone dello stress. Quindi avrà spesso le mani fredde e il battito cardiaco accelerato soprattutto quando gli verrà chiesto di non piangere o di comportarsi ‘’da grande’’.
Il cortisolo viene spesso definito "ormone dello stress'' perché la sua produzione aumenta in condizioni di stress psico-fisico importante, ad esempio, dopo esercizi fisici estremamente intensi e prolungati nel tempo oppure dopo un intervento chirurgico.
Cosa accade invece se la risposta del genitore è imprevedibile, se risponde alle richieste del bambino in modo confuso, agitato, ansioso? Prendiamo sempre l’esempio dei cosiddetti capricci. Immaginate che vostro figlio voglia a tutti i costi giocare con un oggetto pericoloso o delicato, voi vi rifiutate di concederglielo (giustamente) e lui inizia a piangere. Nel frattempo ricevete una telefonata, magari proprio di vostra madre e iniziate a discutere. Il bambino continua a piangere, ma voi siete distratte dalla telefonata, magari state anche preparando la cena e vi sentite sopraffatti. Vostro figlio continua a strillare e voi andate nel panico, provate a dargli il biberon o il seno se siete la madre, lo andate a cambiare, insomma non comprendete il motivo del pianto. Il vostro pensiero è che vostro figlio è fatto così, inconsolabile come sempre e che piange solo per farvi un dispetto. Senza rendervene conto il vostro atteggiamento è intrusivo e controllante, cercate di far mangiare il vostro bambino quando non ha fame, o di farlo giocare quando ha sonno e così via. In questo caso il bambino sperimenterà come emozione predominante la rabbia e di conseguenza ricorrerà al pianto in modo pervasivo con una incapacità di calmarsi. Anzi più crescerà e più utilizzerà i capricci per attirare la vostra attenzione diventando un bambino “tiranno”.
Quale saranno gli effetti di uno stile educativo di questo tipo? Prima di tutto svilupperà un’immagine di sé stesso come fragile, debole, a rischio. Un modello mentale di attaccamento ansioso/ambivalente. Come la madre/padre, anche gli altri verranno percepiti come inaffidabili e scostanti. Il sentirsi non degno di amore graverà sulla sua autostima abbassandola notevolmente, ma ciò che credo ancor più importante, è che l’imprevedibilità della madre o del padre, alle sue richieste non gli permetteranno di sviluppare con chiarezza il rapporto di causa ed effetto tra gli eventi (voglio giocare-mamma/papà-mi dà da mangiare). Da grande questo si tradurrà in una incapacità di rendersi conto di come le reazioni degli altri possono essere determinate da quello che lui stesso fa, vivendo così i rapporti in un continuo caos.
Quindi cosa dovrebbe fare un buon genitore? Come dicevo nel precedente articolo un buon genitore dovrebbe avere due caratteristiche: essere attentivo, cioè essere in grado di riconoscere i bisogni del bambino, ed essere responsivo, cioè essere in grado di rispondere in maniera adeguata alle richieste del bambino.

Ma cosa fare se è proprio la richiesta del bambino ad essere inadeguata? Se, ad esempio, vuole proprio giocare con quel bellissimo vaso che con tanta fatica avete comprato? Ebbene una madre e un padre attenti e responsivi utilizzeranno un tono di voce calmo e accogliente, useranno delle spiegazioni facili e lo faranno riconoscendo ed esplicitando la sua vicinanza emotiva, ad esempio, con una frase di questo tipo: “ Mamma/papà ha capito che vuoi giocare con quel vaso. Capisce che sei proprio arrabbiato in questo momento, ma è molto pericoloso giocarci. Potresti farti la bua”. Il tutto accompagnato da una vicinanza fisica, come una carezza o un abbraccio. Il messaggio che così manderete a vostro figlio sarà che avete capito il suo stato emotivo e il bisogno di quel momento, che avete accolto il suo sentire, ma allo stesso tempo avrete mantenuto ben salda la vostra funzione educativa.
Certo ci vuole più tempo e una notevole dose di pazienza, ma il tempo vi darà ragione.
a cura della
Dott.ssa Veronica Satalino*
Via Anassimandro, 09
00176 Roma (Pigneto)
Cell. 327 44 23 769
Email satalinoveronica8@gmail.com
* Psicologa Clinica e di Comunità - Iscritta all'Ordine degli Psicologi del Lazio N°19382 Specializzanda in Psicoterapia Cognitivo-Interpersonale. ******
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